Affrontare la lettura di questo libro è un po’ come comprare l’abbonamento generale delle ferrovie, andare alla stazione, salire sul treno, installarsi confortevolmente accano al finestrino. E partire. Per dove lo si scoprirà man mano, guardando scorrere al di là del vetro situazioni, momenti storici e fatti privati, in un susseguirsi di ricordi carichi di significato, di osservazioni acute, di riflessioni che legano fra loro le attese di un tempo, quel che poi è successo e l’insegnamento che se ne può trarre. Tutto questo grazie all’interlocutore che sta di fronte.

Anzi, ai due interlocutori: Adriano Cavadini, protagonista di questa lunga e variegata storia di vita e nel contempo osservatore attento e critico di tutto ciò che nel corso di essa ha visto, vissuto e attraversato; e, accanto a lui, a stimolarlo con le sue puntuali domande, Moreno Macchi.

La loro conversazione si intreccia sul filo dei paesaggi che si avvicendano lungo un tragitto diviso in “giornate”, ognuna dedicata a uno scorcio di vita:
la famiglia, da quella delle radici a quella del presente e a quella che si proietta oggi nel futuro;
i luoghi dell’infanzia, sempre indelebilmente impressi nella memoria;
i ricordi “avventurosi” delle vacanze giovanili sui monti;
la scuola, che allora lasciava davvero il segno;
l’università a Berna e a Friburgo; l’ingresso nella vita professionale;

l’impegno culturale, ravvivatosi con la maturità e il passaggio (senza rimpianti) alla generazione dei nonni. E, naturalmente, la politica, nei ranghi del PLRT.

Quella locale, dapprima, con la lunga presenza in Consiglio comunale a Pregassona; poi quella cantonale, sui banchi del Gran Consiglio. Infine quella federale, nell’emiciclo del Consiglio Nazionale e nelle sue ramificazioni fatte di confronti, scontri, ricerca del miglior compromesso svizzero possibile.

Giancarlo Dillena